Oggi, 3 settembre, ricorre l’anniversario dell’uccisione di Carlo Alberto dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo in un agguato mafioso, noto come la strage di Carini.
“Qui è morta la speranza dei palermitani onesti” si leggeva su un cartello lasciato dai cittadini di una Palermo dilaniata dalla guerra di mafia sul luogo dell’eccidio. Questa mattina, alle 9:30, si terrà la tradizionale commemorazione con la deposizione di corone di alloro nello stesso luogo.
Figura di spicco nella lotta contro il terrorismo, Carlo Alberto dalla Chiesa fu nominato prefetto di Palermo con poteri straordinari dopo l’omicidio del deputato comunista Pio La Torre e l’approvazione della legge contro l’associazione mafiosa.
La sera del 3 settembre 1982, alle 21:15, a pochi giorni dal suo 62° compleanno, l’A112 su cui viaggiava, guidata dalla moglie, fu affiancata in via Isidoro Carini a Palermo da una BMW Serie 5, condotta da Calogero Ganci con Antonino Madonia a bordo, che aprì il fuoco con 30 colpi di Kalashnikov AK-47. La coppia fu uccisa sul colpo.
L’auto di scorta, con a bordo l’autista e agente Domenico Russo, fu anch’essa colpita da una motocicletta Honda CB, guidata da Giuseppe Lucchese con Giuseppe Greco come passeggero. Russo morì dopo dodici giorni di agonia in ospedale.
Per questi omicidi, i boss di Cosa Nostra Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci furono condannati all’ergastolo come mandanti.
Una strage, quella di via Isidoro Carini, che 42 anni dopo sarà ricordata oggi (3 settembre) anche alla presenza del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.
Sergio Mattarella: “Esemplare servitore della Repubblica”
“Quarantadue anni fa l’aggressione mafiosa interrompeva tragicamente il percorso umano e professionale di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Con lui perdevano la vita la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo, deceduto alcuni giorni dopo per le ferite mortali riportate. Quel barbaro agguato contro un esemplare servitore della Repubblica rappresentò una delle pagine più funeste dell’attacco della criminalità organizzata alla convivenza civile”.
Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che aggiunge: “Il vile attentato non riuscì, tuttavia, ad attenuare l’impegno per quei valori di legalità e giustizia propri alla nostra democrazia, per la cui affermazione, nei diversi ruoli ricoperti nell’Arma dei Carabinieri e da ultimo come Prefetto di Palermo, il Generale Dalla Chiesa aveva combattuto. A distanza di anni, la memoria di quanti, come lui, si sono opposti al terrorismo e alla prepotenza mafiosa, continua a interpellare coloro che rivestono pubbliche responsabilità, la società civile, le giovani generazioni, ciascun cittadino. La sua figura, il suo lascito ideale vivono oggi nell’operato di chi si impegna in prima persona contro la mafia e il terrorismo e indica all’intera comunità nazionale la via del coraggio e della responsabilità”.
“Ogni giorno – sottolinea il Capo dello Stato -, nei diversi contesti, donne e uomini della Magistratura, delle Forze dell’ordine, della Pubblica amministrazione, del mondo dell’impresa e del lavoro, contribuiscono, con il loro apporto, a tenere alta la guardia, a contrastare e denunciare prevaricazione e violenza, a riconoscere e sventare modalità nuove e insidiose di infiltrazione criminale. Il coinvolgimento della scuola, degli altri ambiti educativi, dei mezzi di comunicazione, è essenziale affinché sempre più si affermi una cultura diffusa della legalità, che rigetti ogni forma di compromesso con la mentalità mafiosa, rafforzando democrazia, sviluppo, coesione sociale. Con questi sentimenti, rivolgo un commosso pensiero alle famiglie Dalla Chiesa, Setti Carraro e Russo, esprimendo i sentimenti di solidarietà e di vicinanza della Repubblica”.