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Legge di Bilancio 2024 – Analisi della UIL Nazionale

Analisi della UIL Nazionale della Legge di Bilancio 2024 – 17 gennaio 2024

Il 30 dicembre scorso è stata definitivamente approvata dal Parlamento la Legge di Bilancio per il 2024. Il testo definitivo della manovra conferma in blocco l’impianto proposto dal Governo lo scorso 16 ottobre. La valutazione della UIL in merito alla Legge di Bilancio non cambia: è una manovra che non rispecchia le esigenze del Paese, delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati, dei giovani, delle donne e dei più vulnerabili. Constatiamo, ancora una volta, che le decisioni del Governo disattendono completamente le nostre richieste ma soprattutto ignorano il fortissimo stato di precarietà e di difficoltà in cui versa il Paese reale.

È assente l’impegno per il contrasto alle diseguaglianze sociali di ogni forma e genere, è inadeguato per recuperare il potere d’acquisto l’intervento del taglio del cuneo per i redditi più bassi, peraltro per un solo anno, anche per la mancanza di provvedimenti sostanziali per aumentare i salari e per incentivare il rinnovo dei contratti. Le risorse stanziate per i rinnovi nella pubblica amministrazione sono insufficienti. Nulla per il contrasto agli infortuni e alle morti sul lavoro, nulla per la lotta all’evasione fiscale – se non ulteriori condoni che avvantaggiano i soliti furbi – mentre avanzano i tagli ad una sanità pubblica che, tra le meno finanziate d’Europa, è ormai prossima al collasso definitivo a favore di una sanità privata che viene incoraggiata senza condizionalità.

Le pensioni vengono usate come bancomat per aggiustare i conti pubblici, in particolare le pensioni anticipate vengono rese estremamente svantaggiose mediante una fortissima penalizzazione degli assegni pensionistici. Viene confermata la visione che il Governo ha del ruolo della donna, cioè fondamentalmente quello della “mamma”, mentre risalta l’assenza di misure strutturali a sostegno della parità di genere.

Di fronte alla crisi climatica, la politica non solo resta inerte e incapace di avanzare un piano aderente ad una necessaria transizione ecologica, ma addirittura individua come soluzione principale l’obbligo per tutte le aziende di assicurarsi contro le calamità naturali. Non vi è traccia né prospettiva al ripristino o alla costruzione di uno strumento universale per il contrasto alla povertà. La manovra non affronta con lungimiranza la questione demografica, dimentica i disabili e gli anziani, non riconosce il lavoro di cura e non dispone strumenti strutturali per l’assistenza all’infanzia. Grande assente il Mezzogiorno, trascurata la politica industriale, riesumata l’austerity con il taglio dopo sette anni alle risorse delle Regioni e degli Enti locali.

Una manovra che, nella sua inadeguatezza, è stata peraltro finanziata in gran parte in deficit: dei 24 miliardi complessivi (28 miliardi, se si include anche la riforma dell’IRPEF contenuta in un decreto a parte), per quasi 16 miliardi lo Stato ha ricorso all’indebitamento, scaricando quindi il peso dei pochi benefici di oggi sulle future generazioni. Non è dato sapere come e dove saranno reperite le risorse tra un anno per riconfermare le misure esistenti, lasciando supporre dei probabili tagli alla spesa, considerato inoltre che dal 1° gennaio di quest’anno è tornato in vigore il Patto di stabilità europeo, sospeso nel periodo della pandemia, che restringe ulteriormente il margine per le politiche espansive del nostro Paese. La riforma del Patto, al momento in discussione, entrerà in vigore probabilmente nel 2025, ma le nuove regole fiscali europee saranno comunque incentrate sulla riduzione del debito e del deficit pubblico, se non su un vero e proprio ritorno all’austerity più costrittiva. Considerato che questa manovra potrebbe essere stata l’ultima di natura espansiva per molti anni, si poteva e doveva fare di più, andando ad aggredire privilegi consolidati prendendo le risorse da chi in questi anni di crisi si è arricchito.

Politiche Fiscali

Viene confermato per il 2024 il taglio del cuneo fiscale (cioè, l’esonero contributivo parziale per i lavoratori dipendenti), che corrisponde anche alla parte più corposa della manovra. La misura va considerata insieme alla riforma del IRPEF, il cui primo modulo è stato approvato definitivamente con il D.lgs 216/2023. Le due misure, insieme, costano 15 miliardi e sono finanziate, peraltro in deficit, per il solo 2024.

In termini di benefici netti per i lavoratori, il taglio del cuneo porterà tra i 60 e i 90 euro netti al mese per i redditi sotto i 25.000 euro lordi annui e tra gli 80 e i 90 euro per quelli inferiori a 35.000 euro. La nuova IRPEF a tre aliquote, invece, comporterà un aumento di soli 5 euro netti mensili per chi guadagna 20mila euro annui lordi, di 16 euro per chi ne guadagna 28mila e di 20 euro per chi ne guadagna 35mila, soglia oltre la quale l’aumento rimane costante a 20 euro.

Sono cifre totalmente insufficienti per recuperare il potere d’acquisto perso in questi anni dai lavoratori e dai pensionati, ma soprattutto, considerato che il taglio del cuneo era già in vigore con le stesse modalità confermate in Legge di bilancio, la busta paga di gennaio 2024 sarà praticamente identica a quella di dicembre 2023.

Per la UIL doveva essere questa la priorità assoluta dalla manovra, riscontriamo nuovamente come il Governo non abbia consapevolezza della situazione di estrema emergenza nella quale versa il paese. Sull’evasione fiscale segnaliamo l’ennesima occasione mancata per una vera svolta, anzi: la strada intrapresa continua ad essere quella della pace fiscale con gli evasori, uno schiaffo a tutti i contribuenti onesti che le tasse le hanno sempre pagate. Nulla, ancora una volta, sulla detassazione delle tredicesime e dei rinnovi contrattuali.

Politiche Previdenziali

Il Governo è riuscito nel difficile compito di inasprire ancora di più la Legge Fornero, ormai in vigore da oltre un decennio, dopo che aveva assunto l’impegno di superarla. La UIL chiedeva una maggiore flessibilità in uscita, al contrario si è arrivati a peggiorare drasticamente la situazione attuale: le forme di pensionamento anticipato sono state rese estremamente sconvenienti, a meno di non accettare una drastica riduzione degli assegni pensionistici.

Opzione Donna viene confermata alle svantaggiose condizioni dell’anno scorso, incluso il ricalcolo contributivo che determina riduzioni dell’assegno pensionistico che sfiorano il 40%. Il ricalcolo contributivo da quest’anno vale anche per Quota 103, oltre all’introduzione di un tetto massimo per l’assegno pensionistico, pari a 4 volte il trattamento minimo, fino al raggiungimento dell’età anagrafica per accedere alla pensione di vecchiaia.

L’età per l’Ape Sociale è stata alzata a 63 anni e 5 mesi, l’adeguamento annuale delle pensioni all’inflazione (c.d. perequazione) anche quest’anno è stato ridotto e usato per fare cassa, così come avviene dal 2011 da oltre un decennio. Viene anticipato al 2025 l’adeguamento delle pensioni anticipate all’aspettativa di vita, che era stato congelato fino al 2027.

Nulla su una Pensione di Garanzia contributiva per i giovani, nulla sul riconoscimento a fini previdenziali del lavoro di cura delle donne e dei periodi di formazione e istruzione.

Gravissimo l’intervento sulle pensioni dei lavoratori pubblici, che riduce gli assegni anche fino al 40% in caso di pensione anticipata, nonché la discriminazione interna che è stata applicata tra i diversi professionisti della pubblica amministrazione: solo per i medici e infermieri, infatti, è stato introdotto un meccanismo che ridurrà le penalità – se si avvalgono della pensione anticipata – di 1/36 per ogni mese in più lavorato dopo la maturazione dei requisiti per la pensione anticipata, fino ad un massimo di 3 anni. Tale meccanismo è uno specchietto per allodole, in quanto costringe i lavoratori della categoria a continuare a lavorare per mantenere l’importo del loro assegno fino ad un’età in cui potranno accedere all’ordinaria pensione di vecchiaia. Sono inoltre previste nuove finestre di accesso pensionistico, che a regime raggiungeranno i 9 mesi di attesa dal momento della decorrenza della pensione.

Pensioni di vecchiaia (67 anni di età e 20 anni di contributi) e di anzianità (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne) che restano ferme alle condizioni vigenti, confermando il nostro Paese come quello dove l’età richiesta per andare in pensione è la più alta.

Viene introdotta, infine, in via sperimentale per il biennio 2024-2025, la possibilità di riscattare, a domanda del lavoratore, fino a 5 anni non continuativi di contributi per i lavoratori che non sono titolari di pensione e non presentano anzianità contributiva al 31/12/1995, con la possibilità di destinare i premi di produzione conferiti dal datore di lavoro al pagamento degli oneri di riscatto. Una misura che per la UIL andrà valutata in corso d’opera.

Pubblica Amministrazione

Le risorse stanziate per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego risultano completamente insufficienti a dare risposte ai professionisti della pubblica amministrazione tutta, a recuperare il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori del settore, eroso dall’inflazione, tanto che si caratterizzano, così come affermato dallo stesso ministro, al di sotto dell’indice Ipca. Non riteniamo inoltre che si possa far fronte alle carenze di personale sanitario e al superamento delle liste di attesa incrementando le tariffe orarie dell’extra orario del personale sanitario. Non è chiedendo ulteriori sforzi a una categoria che già sconta un sottodimensionamento strutturale e cronico delle aziende sanitarie che si risolve il problema. Come, del resto, non lo supera l’aumento del tetto entro il quale acquistare prestazioni da privati su cui non pesa alcuna condizionalità in termini di contratti applicati ai loro professionisti. Il personale è allo stremo, servono assunzioni per abbattere le liste di attesa.

Sanità

La Legge di bilancio, sui temi della Sanità tutta, ha il fiato corto e non assegna la giusta importanza e strategicità a un servizio, quello pubblico, che è uno strumento che rappresenta una via di sviluppo importante per tutto il Paese. Non solo, ne tradisce i princìpi fondanti quali l’universalità, l’uguaglianza e l’equità, privilegiando un investimento generalizzato verso il settore della sanità privata.

Per la UIL, pertanto, è necessario intervenire con coraggio e determinazione, stimolando un piano di investimenti, per affrontare criticità riguardanti il settore: le inaccettabili diseguaglianze regionali, la migrazione sanitaria, l’aumento della spesa privata, l’impoverimento delle famiglie e la conseguente rinuncia alle cure da parte delle persone a maggiore disagio sociale.

Per fare questo è fondamentale investire sui due assi fondamentali e portanti del nostro SSN: il Personale e il Territorio.

Per la UIL, questa Legge di bilancio, la prima dopo la drammatica esperienza che il nostro Paese ha vissuto durante la pandemia, in occasione della quale sono emerse le criticità strutturali del nostro Servizio sanitario nazionale – legate in modo particolare alla medicina territoriale – piuttosto che distribuire maggiori autonomie ai territori, attraverso il pericoloso regionalismo differenziato che questo Governo vuole portare a compimento, avrebbe dovuto mettere in campo risorse all’interno del Fondo sanitario nazionale adeguate a garantire un’adeguata stagione di rinnovo contrattuale parametrata all’inflazione e un piano di assunzioni e stabilizzazione del personale sanitario.

Lavoro e Politiche Attive e Passive

Non si affronta il tema del contrasto al precariato, anzi la manovra non rifinanzia per il 2024 gli unici strumenti a disposizione per assunzioni di qualità, quali gli incentivi per assunzioni di giovani under 36 anni e di donne, eppure esiste nel nostro Paese un’emergenza “occupazione” che riguarda donne e giovani. La manovra non brilla neanche in materia di ammortizzatori sociali limitandosi a prorogare, per tutto l’anno 2024, alcune delle misure per le quali da tempo chiediamo l’apertura di un tavolo di confronto per verificare la possibilità di renderle strutturali. Il legislatore ha dimostrato maggiore sensibilità e concretezza con la messa a regime della misura di sostegno al reddito destinata ai lavoratori autonomi, con partita iva, iscritti alla Gestione Separata INPS. Nonostante l’emergenza degli incidenti sul lavoro questo tema è il grande assente della manovra di bilancio.

Politiche Salariali

La manovra è piuttosto carente di interventi sulla principale priorità del Paese, ovvero la protezione delle retribuzioni di lavoratrici e lavoratori dalla più grande spirale inflattiva degli ultimi decenni. È urgente rinnovare i contratti scaduti, occorre restituire valore ai salari, qualità al lavoro, dignità alle lavoratrici e ai lavoratori, futuro alle persone.

Sebbene la detassazione parziale del premio di produttività sia positiva, non la consideriamo soddisfacente. La UIL ha richiesto che si arrivasse alla totale detassazione e all’eliminazione del “vincolo di incrementalità” dei parametri stabiliti come base di calcolo. Crediamo inoltre che manchi una soluzione più ampia e universale per sostenere la crescita dei salari reali anche dei milioni di lavoratrici e lavoratori esclusi dalla contrattazione di secondo livello. Per questo abbiamo sempre sostenuto la necessità di detassare gli aumenti contrattuali previsti attraverso i rinnovi dei CCNL e la tredicesima mensilità, così che ne possano beneficiare tutti i lavoratori e le lavoratrici dipendenti. Continuiamo a sostenere che l’erogazione dei fringe benefit debba essere agganciata alla Contrattazione Collettiva.

Infine, dal 1° gennaio 2024 fino al 30 giugno 2024 sarà riconosciuto ai lavoratori del comparto turistico, che nell’anno precedente hanno dichiarato un reddito inferiore a 40 mila euro lordi, un trattamento integrativo speciale – esente da tassazione, pari al 15% della retribuzione lorda corrisposta al lavoro notturno, straordinario e/o festivo. La misura pur condivisibile, non risolve il problema delle basse retribuzioni, particolarmente grave in questo settore, né tantomeno quello della carenza di personale. Pensare, infatti, di sopperire alle carenze di figure professionali incentivando ulteriormente gli straordinari, dietro ai quali si cela spesso lavoro nero, non è una soluzione che giova alla ripresa occupazionale: la strada da percorrere è invece quella delle assunzioni, soprattutto di giovani e donne.

Non Autosufficienza e Terzo Settore

La Legge di bilancio non affronta il problema delle risorse per la Non Autosufficienza, rimane quindi invariato il finanziamento del Fondo per la Non Autosufficienza che per l’anno 2024 è pari a 913,6 milioni. A nostro parere, le risorse a disposizione sono assolutamente insufficienti per garantire sia l’assistenza alla platea delle persone con disabilità gravissima sia per sostenere la riforma prevista dalla legge delega n. 33/2023.

Troviamo in questa Legge di bilancio disposizioni relative al monitoraggio e alla rendicontazione delle prestazioni sociali (Leps) spettanti a ciascuna regione o ambito territoriale. In relazione proprio ai Leps e al relativo monitoraggio a cui sono sottoposte le regioni, un campanello d’allarme è suonato recentemente quando la regione Lombardia, con una delibera, voleva procedere al taglio del sussidio di assistenza familiare a fronte di servizi erogati in base al Piano nazionale per la non autosufficienza.

La questione, che al momento è rientrata con intervento della UIL Lombardia, rappresenta un grave episodio sia per l’assenza di un sistema di servizi omogenei e standardizzati su tutto il territorio nazionale non ancora messo a regime, sia per l’eventuale tentazione di altre regioni di indirizzare risorse a servizi fantasma e senza qualità. Una deriva pericolosa che mette a rischio l’impianto stesso della riforma sulla Non Autosufficienza, occorre procedere celermente alla stesura dei decreti attuativi e all’incremento delle risorse per garantire servizi di assistenza di qualità, certezze di sostegno economico alle famiglie e ai caregiver.

Per le misure a favore del Terzo Settore la Legge di bilancio interviene con le seguenti disposizioni: assunzioni per il potenziamento dei RUNTS, monitoraggio e controllo delle Imprese sociali e una specifica interpretazione sull’esenzione IMU. In relazione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore rammentiamo la nostra richiesta di riconoscere ai Centri Ricreativi Aziendali dei Lavoratori (CRAL) il valore associativo senza scopo di lucro a pieno titolo, per l’applicazione normativa e fiscale.

Disabilità

Con la Legge di bilancio si istituisce, dal 2024, il Fondo Unico per l’inclusione delle persone con disabilità, la cui dotazione, integra ma non incrementa le risorse destinate a sostenere l’inclusione. Sull’istituzione del Fondo Unico avevamo espresso, a suo tempo, il nostro giudizio positivo perché rappresentava un primo passo importante per superare la frammentarietà degli interventi. Tuttavia, le risorse messe a disposizione, non solo non garantiscono le finalità alle quali è diretto il Fondo Unico, ma non consentono l’avvio di una più efficiente programmazione per l’inclusione, l’accessibilità e il sostegno alle persone con diverse e complesse disabilità.

Solo la certezza di un finanziamento adeguato e strutturato può garantire i servizi, i sostegni e rispondere adeguatamente ai bisogni e alle esigenze delle persone con disabilità e delle loro famiglie sulle quali ricade il gravoso lavoro di cura e assistenza. Occorre, al di là della narrazione politica, ragionare quali risorse costituiranno tale Fondo.

In premessa, rammentiamo che il Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità (ex fondo per la disabilità e Non autosufficienza) istituito dall’art. 1 comma 330, LdB 160/2019, aveva una dotazione di 300 milioni annui; successivamente, con la LdB 234/2021 è stato rinominato e incrementato con 50 milioni di euro annui dal 2023 al 2026, proprio per attuare gli interventi previsti dalla legge delega di riforma della Disabilità l.227/2021.

Dette risorse, negli anni 2022 e 2023, vengono impiegate per altri fini. Nel 2022 vengono indirizzate in parte per la corresponsione del lavoro straordinario delle forze di polizia e il restante per i bonus energetici a favore del Terzo Settore. Nel 2023 con il cd. “Decreto anticipi” i 350 milioni vengono indirizzati ai bonus edilizi. Con questa legge di bilancio, dei 350 milioni previsti per l’anno 2024, si procede alla riduzione di 29.630.031 milioni.

Sociale e Welfare

La Legge di bilancio, che avrebbe dovuto essere attenta alle famiglie e a chi si trova in condizioni di vulnerabilità, si rivela invece molto circoscritta; è rivolta solo ad “alcune famiglie” e, complessivamente, a una netta minoranza di popolazione. Per le fasce più deboli della popolazione la Legge di bilancio introduce pesanti penalizzazioni, sia perché le nuove misure seguono solo la logica dei tagli di spesa – con una destinazione fortemente categoriale che riduce la platea dei beneficiari di RdC quasi del 50% – sia perché gli incapienti non potranno beneficiare della riduzione delle aliquote fiscali né di nessuno sgravio.

Le misure più rilevanti rivolte alle “famiglie” (solo con bambini piccoli) sono l’incremento del bonus asilo nido (introdotto nel 2016) e il nuovo intervento di riduzione dei contributi previdenziali per le madri lavoratrici. Entrambe queste azioni sono rivolte a una ristretta minoranza di nuclei familiari: quelli con due o più figli e con determinati requisiti. Per quanto riguarda i servizi all’infanzia la Legge di bilancio penalizza fortemente le famiglie laddove la presenza di queste strutture è minimale, come nel Mezzogiorno. Pertanto, non tutti i nuclei potranno usufruire del bonus, finendo così per allargare ulteriormente le disuguaglianze.

In considerazione del fatto che i nidi fanno parte del sistema educativo 0-6, legittimamente, per la UIL, devono essere gratuiti a tutte le bambine e i bambini in quanto opportunità educativa e diritto, a prescindere dall’occupazione delle madri. L’esclusione dei titoli di Stato dal calcolo ISEE è, per la UIL, un intervento che favorisce esclusivamente i ceti più abbienti, anche in relazione all’incidenza sull’Assegno Unico e Universale. Questa scelta genera una disparità di trattamento per le prestazioni sociali che andrà a discapito delle famiglie più povere che resteranno escluse o riceveranno meno di chi ha di più.

Lo sgravio contributivo rivolto alle lavoratrici madri con più di un figlio, assunte a tempo indeterminato è, per la UIL, rivolto a un target troppo circoscritto per poter incidere significativamente sulla natalità del Paese. Inoltre, non arriverà alcun sostegno alle madri con un’occupazione precaria, nonostante l’acclamato proposito di promuovere la natalità che solo una solida prospettiva economica e lavorativa può incoraggiare sostanzialmente.

Lo stanziamento di maggiori risorse per interventi e politiche a sostegno della natalità ci vede del tutto favorevoli ma riteniamo centrale preservare il principio dell’unicità dello strumento dell’Assegno Unico e Universale, incrementando lo stanziamento per tale importante misura. Per la UIL, la leva in grado di fare la differenza è quella che combina il sostegno economico, offerto dall’Assegno Unico, i servizi da offrire alle famiglie e un mercato del lavoro caratterizzato da contratti stabili e salari più dignitosi.

Questa Legge di bilancio, inoltre, destina ai giovani poco più dell’1% delle risorse complessive, prevedendo solo due interventi rivolti alle nuove generazioni. Per la UIL è indispensabile il potenziamento della infrastruttura sociale territoriale, con lo sviluppo di un sistema di welfare pubblico rivolto alle famiglie, non prescindendo dal corretto utilizzo dei fondi previsti dal PNRR, per garantire servizi di welfare adeguati.

In riferimento alle misure adottate per i congedi parentali, pur apprezzando l’incremento retributivo strutturale, si rileva il rischio che il carico di cura gravi sempre su un unico genitore, come evidenziato anche in ambito internazionale. Va evitato a tutti i costi che tale intervento economico impedisca il regolare accesso delle madri nel mondo del lavoro.

Pari Opportunità

Questa legge non apporta miglioramenti alla condizione femminile: ha un occhio di riguardo solo per le donne madri o tutt’al più riguarda le famiglie più che le donne in quanto donne. L’incremento della cosiddetta “tampon tax”, che passa dal 5% al 10%, è un indicatore inequivocabile della scarsa attenzione riservata specificamente alle donne, a prescindere da quanti figli abbiano. La misura sui congedi parentali è condivisibile, ma resta una goccia che non cambia il mare. La decontribuzione totale per le lavoratrici è riferita esclusivamente alle donne con figli ed è una misura che non incentiva né il “lavoro rosa” né la “genitorialità”. Apprezziamo le misure che riguardano le azioni di contrasto alla violenza maschile sulle donne, ma rileviamo come le risorse non siano sufficienti e si pone un tema delicato che riguarda le azioni indirizzate agli uomini “maltrattanti”. In conclusione, l’impressione che si ricava da una lettura in ottica di genere è che non ci siano misure strutturali o a regime di interesse per le donne; il ruolo fondamentale delle donne nel nostro Paese resta, o ritorna ad essere, solo quello di fare le “mamme”.

Politiche Abitative

La casa continua ad essere la grande assente nella manovra di Bilancio: non si può garantire il diritto all’abitare soltanto con la proroga del fondo garanzia per i mutui delle giovani coppie e con risorse che ammontano a soli 50 milioni di euro annui per i 2 anni (2027 e 2028). Una goccia nell’oceano! Per garantire il diritto alla casa crediamo serva ben altro, a partire dai provvedimenti per affrontare il “caro affitti” e il “caro mutui”. Occorrono immediatamente interventi atti a ripristinare le risorse del fondo per il sostegno agli affitti e un vero piano pluriennale con finanziamento adeguato all’edilizia residenziale pubblica.

Politiche Industriali ed Energetiche

In materia di politica industriale ed energetica, la Legge di Bilancio contiene pochi interventi, poiché molti di essi sono stati assorbiti dal recente “Decreto energia” (D.L. n. 181/2023) mentre il pacchetto di incentivi “Transizione 5.0” verrà ricompreso in prossimi Decreti per stessa ammissione del Ministro delle Imprese e del made in Italy. Una valutazione complessiva per quel che riguarda la politica industriale non può ancora essere formulata senza conoscere nel dettaglio i seguenti interventi in fase di elaborazione: Piano Transizione 5.0, risoluzione vertenza ex Ilva di Taranto, nonché il termine dei gruppi di lavoro tecnici del settore farmaceutico, alimentare e automotive insediati presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Mezzogiorno

Con la legge di conversione n. 162/2023 del dl n 124/2023, si istituisce a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno (ZES unica) che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna. Il Piano strategico della ZES unica, che ha durata triennale, definisce i settori da promuovere e quelli da rafforzare con i relativi investimenti ed interventi. Destinatari delle misure saranno le attività economiche private già operanti o che si insedieranno in futuro all’intero nelle Zone economiche speciali.

La UIL considera un vero e proprio scippo contro il SUD, il taglio effettuato in Legge di Bilancio che cancella i 3,5 miliardi del Fondo perequativo infrastrutturale. Una dote finanziaria indispensabile che sarebbe dovuta servire per investire sulle infrastrutture del Mezzogiorno.

Immigrazione

Nel documento si tende ad appesantire la condizione dei cittadini stranieri presenti nel nostro Paese, facendo cassa su di loro sul piano dell’accesso ai servizi sanitari; questo in particolare per alcune categorie come studenti e lavoratori collocati alla pari. Si continuano inoltre ad escludere i cittadini stranieri irregolari dai servizi di medicina preventiva ed i servizi medici sul territorio.

La Legge di Bilancio dispone l’interoperabilità delle banche dati INPS e Agenzia delle entrate al fine di combattere l’evasione fiscale e contributiva, ma solo limitatamente al lavoro domestico; escludendo altri settori a forte presenza di lavoro nero e grigio. Inoltre, il rifinanziamento del fondo per l’immigrazione appare largamente insufficiente a potenziare l’attività di prevenzione e assistenza sanitaria e sociosanitaria in favore dei soggetti che versano in condizioni di vulnerabilità sociale ed economica.

Positivo il rifinanziamento dell’assistenza ai rifugiati ucraini, ai quali si concede la conversione del permesso di protezione temporanea in permesso di lavoro, escludendo però la possibilità per i rifugiati di altri Paesi.

Infine, la UIL considera risibili anche le somme dedicate al finanziamento di borse di studio in favore dei giovani studenti africani, che potrebbero diversamente essere valorizzati a beneficio del loro e del nostro Paese.

Politiche Ambientali

Constatiamo come questa Legge di Bilancio affronti solo in maniera marginale la transizione ecologica e le tematiche ambientali, concentrandosi esclusivamente sulle misure relative agli eventi naturali di tipo catastrofico (sui quali, peraltro, il legislatore era recentemente intervenuto con altre misure di merito, in relazione alle quali avevamo già fornito alcune indicazioni; cfr c.d. Decreto Alluvione, luglio 2023). Di fatto, dalla manovra finanziaria restano esclusi i grandi temi del cambiamento climatico (peraltro alla base di un numero sempre più elevato di eventi naturali di tipo estremo), dell’inquinamento, delle bonifiche e l’annoso problema legato all’amianto. Infatti, non solo viene depotenziato il Fondo Italiano per il Clima, togliendo la garanzia della Cassa Depositi e Prestiti e riprogrammando le risorse pari a 840 milioni di euro spostandole al 2027, ma non viene neanche previsto alcun finanziamento per le azioni prioritarie di adattamento al climate change, anche alla luce dell’approvazione definitiva (2 gennaio 2024) del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC, decreto MASE n. 434 del 21 dicembre 2023) come la delocalizzazione degli edifici residenziali e delle attività produttive costruiti in aree a rischio.

Tramite l’introduzione dell’obbligo verso la stipula di polizze di assicurazione contro le calamità, l’attenzione agli eventi naturali di tipo violento viene spostata, in maniera negativa, dall’azione sulle cause – da riconoscersi prevalentemente nell’intervento antropico e nel climate change – agli effetti, lasciando intendere al mondo dell’impresa che dovrà autotutelarsi nei confronti di tali fenomeni e favorendo, di conseguenza, la percezione che le Istituzioni siano scarsamente coinvolte nelle fasi di prevenzione e di assistenza.

Riguardo gli incentivi in materia di edilizia, giudichiamo negativamente l’abolizione del beneficio fiscale noto come Superbonus, del quale avremmo auspicato una sistematizzazione con un tasso di agevolazione da concordare con i principali stakeholder del settore. Il Superbonus, infatti, costituisce un’opportunità eccezionale per modernizzare ed efficientare il Paese all’insegna del risparmio energetico e della messa in sicurezza del patrimonio edilizio esistente.

Allo stesso modo, è iniquo l’unico intervento normativo sul Fondo Vittime Amianto (FVA), che viene rifinanziato non nella sua interezza, ma solo per quanto concerne il settore della cantieristica navale. Attraverso la norma – che si pone come un’ingiustificata azione di supporto finanziario esclusivo – da un lato, non si garantisce copertura a tutta la platea delle lavoratrici e dei lavoratori interessati da patologie asbesto correlate, dall’altro si agevolano risorse pubbliche verso alcune società partecipate colpevoli di aver creato malattie e lutti.

In conclusione, non possiamo non ribadire la mancanza nel testo di un reale quanto necessario risalto alle tematiche dell’Ambiente, della Sostenibilità e della Giusta Transizione, che costituiscono gli elementi cardine del prossimo futuro e che meritano, di conseguenza, di essere al primo posto nell’agenda politica del Paese. In questo modo, la transizione ecologica delle nostre città e dei nostri territori continuerà ad essere troppo lenta e, se non si stanzieranno fondi e non si delineeranno norme adeguate – come la legge contro il consumo di suolo, le semplificazioni degli interventi di rigenerazione urbana o la riscrittura dell’intera normativa sui bonus edilizi – il cambio di passo non avverrà.

Enti Territoriali e Coesioni

Dopo sette anni, in cui si è tenuto in debito conto la finanza locale, in nome della “spending review” si torna a tagliare risorse a Regioni ed Enti Locali, con il risultato che o si tagliano servizi o si aumentano le tasse e i tributi locali. I tagli operati nei confronti delle Regioni e degli Enti Locali sono insostenibili e rischiano di mettere ulteriormente a rischio l’esigibilità dei livelli essenziali delle prestazioni, dal momento che la manovra non prevede risorse aggiuntive per finanziarli. Positive ma non esaustive le misure destinate al sostegno finanziario per gli Enti Locali al termine delle procedure per il dissesto finanziario, in quanto non si modificano le norme che riguardano l’obbligo per i Comuni e Regioni di innalzare le aliquote dei tributi locali, anche oltre il massimo consentito, quindi alla fine pagano sempre e solo i contribuenti. Infine, la manovra non incentiva l’azione dei Comuni al contrasto all’evasione fiscale in quanto il premio riconosciuto resta al 50% anziché al 100%.

Scuola e Ricerca

L’istituzione del fondo che consente di erogare agli enti di ricerca non vigilati dal Ministero risorse analoghe per misure e finalizzazioni a quelle già disponibili per gli enti di ricerca vigilati, risponde finalmente alle nostre sollecitazioni. È di tutta evidenza la necessità di mantenere alta l’attenzione affinché i tempi di erogazione risultino contenuti e i conseguenti decreti di riparto destinino le risorse per le finalità per le quali il provvedimento è nato.

Per le misure che riguardano la proroga dei contratti per gli incarichi temporanei di personale ausiliario a tempo determinato la proroga fino al 15 aprile 2024 rischia di creare disagi alle scuole, soprattutto dal punto di vista organizzativo, relativamente a tutte le incombenze legate sia alla chiusura dell’anno scolastico che al carico di lavoro a cui le scuole sono sottoposte. Tra l’altro la misura esclude gli assistenti amministrativi e tecnici ai quali è stato interrotto il contratto di lavoro al 31 dicembre 2023. Figure queste indispensabili per le istituzioni scolastiche in virtù dei maggiori carichi di lavoro derivanti dalle scadenze legate al PNRR e per le quali erano stati contrattualizzati.

Mentre riteniamo che non occorreva inventarsi nuove figure, quali i tutor, con il rischio di sprecare fondi, anche se non ufficialmente, esistono già all’interno delle scuole. L’attività di tutoraggio psicologico, educativo, orientativo è insita nella professione del docente, al quale basterebbe aumentare lo stipendio per valorizzare il lavoro che svolge. Le urgenze per la scuola sono altre. Quella del tutor non è una sperimentazione di cui la scuola sente il bisogno. Sicuramente non sarà la misura che consentirà agli insegnanti di avere un incremento di stipendio adeguato alla funzione da svolgere. Infine, è netta la nostra contrarietà al progetto di formazione che il Ministero intende realizzare nella direttiva per l’accreditamento, la qualificazione e il riconoscimento di singoli corsi per la formazione del personale scolastico e per la formazione in servizio incentivata del personale docente e delle figure di sistema. Una formazione continua che serve a valutare in modo improprio le performance dei docenti in base alle valutazioni operate dal ”Comitato di valutazione”, con inevitabili ricadute sulla qualità dell’insegnamento che invece deve essere laico e libero.

Il documento della UIL:

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